| i ricordi della nonna Grazia |
| Sono nata a gennaio del 1940, quando la guerra
era appena iniziata e i miei ricordi
sono
ovviamente quelli di una bambina. All'inizio abitavamo a Milano, poi durante la guerra ci siamo trasferiti a Clusone, nella bergamasca, ed è a questo periodo di sfollamento che sono legati la maggior parte dei miei ricordi. Ricordo la casa, un sottotetto con poche cose essenziali, tutto in una sola stanza: cucina, letti, una stufa a legna per riscaldarci d'inverno, e la macchina per cucire della mia mamma che lavorava per i contadini del paese e si faceva pagare in natura, cioè verdura, polli, uova perché il cibo era tesserato e non era sufficiente per vivere. Le persone che ricordo in modo particolare sono l'anziano padrone della nostra soffitta che era come un nonno: ci voleva bene e quando faceva la polenta (cioè molto spesso) faceva poi tostare la crosta che rimaneva in fondo al paiolo, e ce la offriva come biscotti. Un'altra persona che è rimasta impressa nella mia memoria è la contadina che abitava fuori paese, in località "la spessa", per la quale la mia mamma lavorava come sarta e come ho detto prima la pagava con i prodotti della sua fattoria. A me piaceva molto andare a trovarla perché aveva galline, pulcini, cagnolini e altri animali coi quali giocavo. Pur essendo un periodo di guerra mi è sembrato un bel periodo, perché ero talmente piccola da non rendermi conto di cosa voleva dire e perché probabilmente gli adulti cercavano di far pesare il meno possibile le difficoltà a noi bambini. Una sola volta ho visto un bombardamento, da parte di un aereo che chiamavano "Pippo", non si sapeva neanche se fosse tedesco o alleato, ogni aereo che arrivava veniva chiamato così, e spesso arrivava all'improvviso cogliendo di sorpresa la popolazione. Una volta era suonata la sirena dell'allarme e tutti eravamo corsi nel rifugio in cantina, ma il mio papà si era attardato un attimo in casa a raccogliere alcune cose e a finire di annodarsi la cravatta, perchè non usciva mai di casa senza. Gli aerei sono arrivati presto e una bomba è caduta sul palazzo di fianco al nostro. L'esplosione ha fatto tremare anche la nostra casa e il mio papà che aveva appena finito di radersi, è arrivato nel rifugio che aveva un dito di barba, era bianco cadaverico per lo spavento, visto che lo spostamento d'aria lo aveva scaraventato sotto il letto, … ma aveva la cravatta. Un'altra volta siamo arrivati nel rifugio che era sul lato opposto del cortile rispetto alla nostra casa e la mia mamma si è accorta che non c'era mio fratello: è corsa indietro a cercarlo e l'ha trovato in cortile che ammirato guardava gli aerei in cielo, indicandoli e seguendone le traiettorie col dito. Quando eravamo a Clusone il mio papà era rimasto a Milano a lavorare e la sua ditta (il Tecnomasio Italiano, poi diventata Brown Boveri, esiste ancora) faceva il servizio UNPA, Unione Nazionale Protezione Antiaerea. È un corpo di volontari nato nel 1936, quando si cominciava a temere che l'Italia dovesse prepararsi ad una guerra. Aveva il compito di formare i capi condominio affinché fossero in grado di coordinare la fuga nei rifugi e gli eventuali soccorsi in caso di bombardamento aereo. A guerra scoppiata avevano anche il compito di far rispettare l'oscuramento nelle ore notturne. Corrispondeva un po' a quella che oggi è la Protezione Civile. Al sabato veniva a trovarci, a volte con mezzi di fortuna, o con tratti di strada a piedi, perché le ferrovie venivano bombardate e portava sempre uno zaino in spalla che al ritorno riempiva di provviste per sé, per tutta la settimana. I ricordi del dopo guerra sono legati al fatto che spesso sui marciapiedi si trovavano mazzi di fiori a ricordo di persone che venivano fucilate soltanto per il fatto che qualcuno le accusava di essere stati iscritti al partito fascista o in qualche modo legati al fascismo. Era facile vedere anche persone, soprattutto donne, rapate a zero, sempre per lo stesso motivo. Spesso alle stesse persone facevano bere per vendetta l'olio di ricino, come prima facevano i fascisti. C'è da dire però che sotto il regime fascista per avere un lavoro occorreva la tessera del partito e molte persone, soprattutto padri di famiglia, erano iscritti pur non condividendo le idee del fascismo. Un altro ricordo è legato alla fine di Mussolini: quando stava scappando verso la Svizzera; è stato preso a Dongo, sul lago di Como ed è stato ucciso. Poi con alcuni suoi seguaci e la sua "compagna" Claretta Petacci, è stato portato in piazzale Loreto, a Milano dove sono stati appesi per i piedi alla pensilina del distributore di benzina della Esso. Io abitavo vicinissima a quel luogo, ma ero troppo piccola (5 anni) e non mi è stato permesso di andare a vedere quell'orrendo spettacolo, ma mio fratello (8 anni), disubbidendo ai miei genitori andò a vederli. L'unica cosa che a me è rimasta impressa è l'agitazione di quei giorni: l'avvenimento era sulla bocca di tutti e c'era una folla immensa che si recava in piazzale Loreto, tanto che per evitare disordini e concentrazione di folla, assai pericolosa, i corpi vennero presto rimossi e portati via. L'ultimo periodo di guerra eravamo rientrati a Milano e poiché la nostra precedente abitazione era stata bombardata, siamo andati ad occupare un appartamento delle Case Popolari. La sera c'era il coprifuoco, non era prudente uscire per le strade buie o quasi ed anche le case, oltre alle imposte esterne, erano provviste di ante interne che venivano chiuse per non lasciare passare la luce. Questo per non fare da richiamo agli aerei ed evitare di essere bombardati. L'abitudine era di vedere una città buia, le case con le finestre chiuse che davano un senso di abbandono e di solitudine. Terminata la guerra finalmente il pericolo era passato e le case si illuminavano, così come le strade. Il mio papà una sera mi portò in piazza del Duomo perché era uno spettacolo anche solo vedere la piazza illuminata con la "Madonnina" che dominava dall'alto del Duomo a protezione di tutta la città. Mi ricordo che io esclamai ad alta voce: "Luce a tutti i piani" per la meraviglia e la gioia di una situazione che oggi sembra normale e scontata, ma che ai miei occhi di bambina, dopo tanto buio, apparve una novità e suscitò grande stupore. |
![]() La nonna Grazia a Clusone con la pelliccia di coniglio mentre viene tenuta per mano dalla sua mamma |
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La Resistenza MariaPaola Colombo - classe III A - esame di licenza media - anno scolastico 2006/2007 |
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